Don Giovanni

No taxation without representation

Non è proprio il caso di scandalizzarsi per la bella sortita di Beppe Grillo, che ha proposto di escludere i vecchi dall’obbligo di votare. Si dice che il voto è un diritto. In realtà, questo è uno di  quegli strani ircocervi che pullulano nel linguaggio giuridico. E’ un diritto-dovere, così viene definito, come l’obbligo scolastico. Un vero insulto alla logica. Se è un dovere non è un diritto, se è un diritto non è un dovere. Il  diritto è un corollario della libertà, il dovere della necessità. Uno non può essere contemporaneamente libero e schiavo, per la contradizion che no’l consente.  La Costituzione, d’altra parte, afferma chiaramente che il voto è un dovere civico. Che cosa significhi non l’ho mai ben capito. Io conosco solo due tipi di doveri: quelli morali e quelli giuridici. Ai primi si risponde davanti alla propria coscienza, ai secondi davanti alla legge positiva. In qualche caso doveri morali e doveri giuridici possono anche coincidere, ma non è detto. Non uccidere è un dovere morale e anche un dovere giuridico. Uccidere in guerra è un dovere giuridico ma non è detto che sia anche un dovere morale. Da qualcuno potrebbe anche essere considerato un delitto. Io sono uno di quelli (non mi si venga a parlare di patria, di bandiera,  di inni nazionali e di altre cosucce del genere che grondano sangue). Di solito i doveri giuridici, se trasgrediti, vengono colpiti da sanzioni. Ma se uno trasgredisce un dovere civico, che succede? Nulla. Se  faccio defecare il mio cane in mezzo alla piazza o piscio nella fontana pubblica mi prendo una bella multa. Se non vado a votare non mi succede nulla. Allora che cos’è il dovere civico? Quello che Falstaff dice dell’onore: “Una parola. Che cosa c’è in questa parola? C’è dell’aria che vola…”. Quel giorno Grillo doveva essere ubriaco, o forse no. Forse è in preda a quella demenza senile in nome  della quale vorrebbe escludere i vecchietti dalle competizioni elettorali. Dopo tutto, è un vecchietto anche lui. E’ nato nella prima metà del secolo scorso, ha settantun anni. A che età dobbiamo fissare la scadenza del diritto di voto? All’età pensionabile, cioè a sessantacinque anni? In questo caso anche Grillo non potrebbe votare, ed essendo per legge un demente, non sarebbe neppure autorizzato a tener comizi sul diritto di voto. Dobbiamo escluderli proprio tutti, i vecchietti, o soltanto quelli che, a un esame psichiatrico, risultino incapaci di intendere e di volere, almeno per quanto attiene alle scelte politiche? E se non potranno più votare, potranno invece guidare? Potranno rinnovare la patente di guida fino a cento anni e oltre? Potranno conservare tutti gli altri diritti o avranno bisogno di un tutore?Le motivazioni che Grillo porta a sostegno della sua proposta sembrerebbero avere una barlume di razionalità, ma così non è. Dice: ai vecchi non importa più nulla del futuro; quando votano, pensano soltanto ai loro interessi immediati, non al bene delle generazioni che verranno. Come se i vecchietti non avessero figli e nipoti! Chi è quel buon padre che non fa di tutto perché i figli possano vivere meglio di lui? Chi è quel buon nonno che non si farebbe in quattro per il bene dei nipotini? Siamo sicuri che non gliene importi proprio un bel nulla del  futuro di chi è sangue del loro sangue? E se i rappresentati non possono votare dopo i sessantacinque anni, come la mettiamo con i rappresentanti? Anche loro non potranno superare la medesima età? E se la raggiungono prima che termini la legislatura, cesserà automaticamente il loro mandato e si dovrà ricorrere a elezioni suppletive? Per Grillo alla soppressione (finora soltanto metaforica) dei vecchi dovrà corrispondere un’estensione verso il basso del diritto di voto. Propone di far votare i sedicenni, perché, loro sì, pensano al proprio futuro, e quindi hanno tutto l’interesse a eleggere rappresentanti giovani, capaci e lungimiranti. Ho l’impressione che anche a lui il mito di Greta abbia dato alla testa. Gli studenti che hanno marinato la scuola, e continueranno a marinarla, per protestare contro il buon Dio che mal governa gli equilibri climatici sono per lui i profeti del sol dell’avvenire. Può anche essere così. Però fa specie ascoltare quello che alcuni studenti delle scuole superiori rispondono a un’intervista nella giornata dello sciopero per il clima (è reperibile il video in rete). Nessuno sa dire che cos’è il buco dell’ozono. Nessuno sa che cos’è l’effetto serra. Uno arriva a dire che “non ci sono più le mezze stagioni!” Incredibile: espressioni del genere, di solito, sono sulle labbra dei vecchietti, che di stagioni ne hanno vissute tante, ricordano con rimpianto le primavere della loro verde età e, nei loro vaneggiamenti, proiettano sui fenomeni atmosferici di quegli anni lontani i colori iridescenti della nostalgia. Certo, non bisogna fare di ogni erba un fascio; non tutti i giovani sono così. In quel video, tuttavia, ho incontrato soltanto un giovane veramente maturo: quello che ha confessato candidamente di partecipare alla manifestazione perché è una bella giornata di sole, e non si può perdere un’occasione così ghiotta di far vacanza (con il beneplacito -aggiungo io- del ministro Fioramonti). Viva la sincerità e abbasso le fanfaluche. Auguro a quel giovane di diventare un anarchico tutto d’un pezzo. Da anarchico, io dico che del diritto di voto non me ne faccio niente. Nessuno me lo può togliere perché, non esercitandolo, me lo sono già tolto da me. Sarebbe giusto, a questo punto, che mi togliessero anche il diritto-dovere di pagare le tasse: non piangerei, anche se, come diceva quel bel tomo di Tommaso Padoa Schioppa ( pace all’anima sua) le tasse sono una cosa bellissima. Non è una provocazione, la mia, ma una richiesta del tutto consequenziale: se vale il motto “no taxation without representation” , quando non c’è “representation” non ci deve essere neppure “taxation”. E’ naturale, quindi, che se la proposta di Grillo dovesse passare, i vecchietti senza più “representation” dovrebbero essere dichiarati esentasse; e, per lo stesso motivo i giovanissimi con “rapresentation” dovrebbero essere tassati: “no rapresentation without taxation”, A+B=B+A. Naturalmente, non godendo ancora di un reddito proprio, dovranno essere i genitori a sborsare. O ancor meglio, i nonni: che non pagherebbero per se stessi, in quanto esenti, ma per i nipoti; così farebbero qualcosa di utile invece di vivere da parassiti godendosi a sbafo le loro pensioni. I conti pubblici sarebbero salvi. Pagare tutti per pagare meno. Non è la bandiera di questo governo illuminato? E’ chiaro che io, avendo mandato a quel paese la mia mogliera Donna Elvira ed essendomi ben guardato dal mettere al mondo figli, non dovrei pagare neanche un centesimo.

Giovanni Tenorio

Libertino