Don Giovanni

“Il poliziotto è un burocrate armato”

Dicono di no, ma il baratto c’è stato, eccome: noi ti salviamo dal processo per sequestro di persona, e tu per contraccambio accetti di rinviare la decisione sulla TAV. Poi chi vivrà vedrà. Intanto, ci sono di mezzo tante consultazioni elettorali, ultima di tutte quella per il rinnovo del Parlamento Europeo, che potrebbe sconvolgere tanti equilibri, non soltanto in Italia. E poi… provvidenze come il reddito di cittadinanza e “quota 100” possono fare ancora qualche miracolo: se l’economia riprende grazie a una più vivace dinamica dei consumi, il gioco è fatto. Com’è bello sognare! Ma ci credono davvero, o fanno solo finta? In realtà, i Cinquestelle, specialmente dopo il deludente risultato in Sardegna, seguìto a quello già piuttosto preoccupante in Abruzzo, stanno cominciando a farsela sotto. Bloccando la TAV cercano di recuperare un consenso entrato in crisi per il soverchiante protagonismo di Salvini, che invece è riuscito non solo a consolidare, ma addirittura a espandere la sua base elettorale. Aver avuto la forza di convincere i suoi alleati amici-nemici  a respingere la richiesta di rinvio a giudizio a suo carico per la faccenda della nave Diciotti è stato indubbiamente un bel colpo. I suoi simpatizzanti l’hanno interpretato come un atto di legittima difesa contro un intervento della magistratura esorbitante dai suoi compiti istituzionali, e dettato soltanto dal solito astio del mondo giudiziario verso ben determinati settori dello schieramento politico. I seguaci dei Cinquestelle invece hanno faticato a digerirlo, perché va contro la filosofia da sempre dichiarata dal loro movimento: no a qualsiasi tipo di immunità; la giustizia deve sempre fare il suo corso senza impedimenti; gli indagati devono dimettersi, e via di seguito. Già, l’immunità. Un bel pasticcio, che ha radici abbastanza lontane. Si può dire che sia nata con i moderni parlamenti, quando divenne opportuno proteggere i rappresentanti del popolo dagli interventi repressivi di un potere esecutivo ancora saldamente nelle mani di un monarca. La Costituzione della Repubblica Italiana recepì il principio nell’articolo 68, il quale recitava che, senza l’approvazione della Camera di appartenenza, nessun membro del Parlamento poteva essere sottoposto a procedimento penale. Nel 1993 tale articolo è stato radicalmente rinnovato, restringendo l’immunità ad alcuni casi particolari. Nel 1989 era già stato modificato anche l’art 96, che in origine dichiarava come giudice competente per i crimini commessi dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni  il Parlamento in seduta comune. Veniva istituito, presso tutte le Procure della Repubblica,  un Tribunale dei Ministri, con la facoltà di chiedere il rinvio a giudizio  di un ministro dietro autorizzazione della Camera di appartenenza, che decide a maggioranza assoluta sulla base di un’ istruttoria svolta da un’apposita Giunta.

Salvini è finito dentro questa ragnatela, e qui comincia la farsa.

Il primo sconcerto viene da un difetto che sta nel manico, cioè nella legge: se il Pubblico Ministero competente, investito del caso, si pronuncia per l’improponibilità dell’incriminazione, dovrebbe essere pacifico il non luogo a procedere. Non è così. Come nei procedimenti penali ordinari il Giudice per le indagini preliminari può opporsi alla richiesta di archiviazione del PM, allo stesso modo il Tribunale dei Ministri può non tenerne conto, chiedendo invece l’incriminazione e mandando gli atti alla Camera di competenza per la decisione in merito al rinvio a giudizio. Non ho mai capito il perché, né in un caso né nell’altro. Se il PM, che rappresenta l’interesse dello Stato, non rileva alcun reato, il favor rei dovrebbe dichiarare insindacabile il suo pronunciamento. Solo nel caso in cui il PM si pronunciasse per l’incriminazione può essere opportuno, per il medesimo motivo, sentire il parere di un organo di garanzia ed accoglierne l’eventuale veto.

Il secondo motivo di sconcerto è l’argomentazione difensiva di Salvini. Avrebbe agito addirittura per la difesa della Patria, quindi per un interesse costituzionalmente garantito, ai sensi dell’art. 52  Cost. Difesa della Patria invasa da chi? Da un pugno di migranti che rischiavano di finire annegati e sono stati tratti in salvo da una nave della Marina italiana? Questo significa non avere il senso del ridicolo. Il terzo e più forte motivo di sconcerto riguarda proprio la fattispecie dell’incriminazione: sequestro di persona. L’errore dei difensori  di Salvini, e anche della Giunta per l’autorizzazione (che ha negato l’ammissibilità del processo sulla base di argomentazioni piuttosto arzigogolate) è stato quello di accettare la pertinenza di questa fattispecie penale, ma di ritenere il reato non perseguibile in nome di interessi superiori. Invece è proprio il crimine di “sequestro di persona” a non essere proponibile. I migranti sono stati tratti in salvo. Nel momento in cui sono stati accolti a bordo di una nave della Marina italiana si trovavano per legge in territorio italiano. Sono stati privati della libertà personale perché è stato impedito alla nave di attraccare e di farli sbarcare? Mettiamo che fossero stati fatti subito sbarcare. Sarebbero stati lasciati immediatamente liberi di andare per i fatti loro? Neanche per idea. Sarebbero stati immediatamente messi sotto custodia per procedere alle pratiche di identificazione e per decidere tutti i provvedimenti a loro riguardo, non ultimo il rimpatrio forzato per chi risultasse privo dei requisiti per l’ospitalità.  Sarebbe allora un  sequestro anche questo! Sono stati invece lasciati in custodia  sulla nave in attesa che altri Paesi europei accettassero di ospitarne una quota. Un ricatto? Forse. Un atto inutile, da smargiasso? Sicuramente. Ma pur sempre un atto politico, sia pur moralmente infame, come tanti altri, del resto. Come è infame che uno sbirro impedisca a un vecchio di entrare in Piazza della Scala, a Milano, dove lo aspettano la figlia e la nipotina, perché nel frattempo “el primm teater del mond” è adibito a salone per le sfilate di moda, e i dintorni sono stati blindati come ai tempi di Bava Beccaris. Che cos’è, violenza privata? In un certo senso sì, ma sarebbe risibile incriminare di un tale reato il questore o il prefetto o chi per essi. Anche se, obiettivamente, lo sbirro, i suoi superiori, il questore e il prefetto sono tutti deficienti allo stesso modo, perché la piazza, prima di essere blindata, era già piena di gente, e un eventuale malintenzionato poteva essersi già mischiato alla folla.

Come dice Fabio Massimo Nicosia,” …il poliziotto è un burocrate armato. Condivide l’ottusità del burocrate, che ragiona in termini di leggi, regolamenti e circolari, salvo che il suo modo di far rispettare leggi, regolamenti e circolari è l’uso del manganello, ossia la forza bruta. Non è certo figura simpatica, e siccome leggi, regolamenti e circolari, dal nostro punto di vista, sono spesso ingiuste, ecco la semplice equazione per la quale il manganello viene posto a disposizione dell’ingiustizia.”

Salvini è al vertice di questo sistema dell’ingiustizia. Il suo manganello è particolarmente robusto, perché lui è della Lega e, come si sa, la Lega ce l’ha duro… Incriminarlo per sequestro di persona? E’ tutto il sistema dello Stato repressivo, che poi è lo Stato senza aggettivi, nella sua essenza criminale, che va dato alle fiamme.

Giovanni Tenorio

Libertino