Don Giovanni

Credere ai miracoli?

Il governo delle oche e degli scimuniti crede nei miracoli. Un suo esponente di punta arrivò a proclamare, qualche mese fa, che, grazie alla Finanziaria espansiva, strappata con le unghie e coi denti al riluttante ministro dell’Economia, era stata sconfitta la povertà. Nel frattempo il PIL scendeva paurosamente e l’Italia entrava in recessione. Ma l’Arlecchino che riveste la carica di Presidente del Consiglio, e dovrebbe invece rivestire quella Servitore di Due Padroni, istituita apposta per lui (non si era mai visto nulla di simile in tutta la storia d’Italia: Facta, in confronto, era uno statista eccelso, anche se qualcuno lo sbeffeggiava chiamandolo “Verba”) ha avuto il coraggio di dichiarare, qualche settimana addietro, che si è sull’orlo… di un baratro, come tutto  sembrerebbe suggerire? No, di un grande miracolo economico. Innescato da che cosa? Probabilmente – credo sia questo il suo pensiero – dal “reddito di cittadinanza”, il sussidio ai furbastri nullafacenti che, entrando in circolo nel sistema del commercio al minuto, darebbe una spinta ai consumi rimettendo in moto la produzione di ricchezza. Semplice, no? Keynesismo da ciabattoni.

Il fatto è che talvolta i miracoli avvengono davvero. Anche Renzi, a suo tempo, con l’elemosina degli 80 euro a beneficio dei redditi da lavoro più bassi, si riprometteva di rimettere in moto l’economia ancora stagnante. E così avvenne. Non per merito degli 80 euro, però, bensì grazie a una ripresa esogena che in qualche modo, entro un contesto globalizzato come quello attuale, finiva di coinvolgere anche l’Italia. In somma, i miracoli non sono veri miracoli. Avvengono per una serie di circostanze fortuite. Se uno ha la fortuna di capitarci in mezzo, buon per lui. A patto, però, di non montarsi la testa e credersi un Gesù Cristo che fa risorgere Lazzaro dal sepolcro. Tale si credette Renzi, che, dopo il successo alle elezione europee, pensò di sfruttare il vento favorevole per la riforma costituzionale che avrebbe blindato il suo potere. Sappiamo come andò a finire, per nostra fortuna.

Aveva ragione il compianto Piero Ostellino, il quale diceva che Renzi è furbo, ma, grazie a Dio, non è intelligente; perché se così fosse, diventerebbe anche pericoloso.A proposito di miracoli che avvengono per cause estranee all’intervento dello Spirito Santo, un vecchio professore buonanima di Archeologia soleva raccontare ai suoi studenti che non so più in quale chiesa di Roma, nel Medioevo,  si formava, sul portale, per effetto dell’umidità, una muffa, raccolta e usata dai fedeli per medicare le ferite, con effetti sorprendenti. Fleming era ancora di là da venire. Oggi sappiamo che l’effetto era dovuto alla penicillina. Ecco, i miracoli come quello di Renzi sono di questo tipo. Ma ho l’impressione che per il governo in carica non ci sia penicillina disponibile.Un altro miracolo in cui oche e scimuniti credono è quello di trionfare alle prossime elezioni europee, in modo da spazzare via l’attuale classe dirigente, che fa capo ai grandi partiti storici, Popolari, Socialisti e Liberali, per riformare radicalmente le istituzioni dell’Unione. Vedremo come andrà. A trionfare potrebbero essere i leghisti di Salvini, visto che, finora, sono soltanto loro ad avere il vento in poppa, mentre le schiere dei Cinquestelle si vanno assottigliando. Però non è detto che sia così. L’insuccesso del governo in campo economico può trascinare nella fossa anche loro, che ne sono corresponsabili. Può capitare che, mentre si attende il miracolo di una nuova Età dell’ Oro, in cui scorreranno miele e vino a ruscelli, l’economia mondiale, ed europea in particolare, si avviti a tal punto da ridurre l’italia in braghe di tela, mandando a catafascio un bilancio fondato su previsioni non solo irrealistiche, ma addirittura folli.Sarebbe la decrescita infelice. Allora che cosa succederebbe? Che anche in Italia si attizzerebbero movimenti molto simili ai Gilet jaunes che imperversano in Francia. Quei Gilet jaunes che Di Maio ha voluto legittimare incontrandosi con uno dei loro capi più violenti, col bel risultato di far infuriare Macron. Ci sarà da ridere se, com’è probabile, i Gilet jaunes francesi diventeranno un partito, istituzionalizzando la loro protesta e ritirandosi dalle piazze, mentre in Italia, dove i Cinquestelle si ritengono Gilet jaunes al governo in veste istituzionale, si andrà formando una protesta anti-istituzionale di piazza, fomentata, in parte, proprio da quelli che li hanno mandati al potere e ne sono rimasti fieramente delusi. Qualche avvisaglia si vede già. A essere onesti, il governo in carica un miracolo è riuscito davvero a compierlo. Per la prima volta nella Storia operai e padroni marciano uniti per protestare contro la politica in atto. Non era mai capitato. Vi ricordate l’Autunno Caldo del 1969? Vi ricordate i ruggenti anni Settanta dello scorso secolo? Da una parte i sindacati, dall’altro gli odiati capitalisti. I governi facevano da mediatori, un illustre esponente della Democrazia Cristiana, da ministro del Lavoro, blaterava di “salario come variabile indipendente”, forse sulla base di una mal digerita lettura delle teorie di Piero Sraffa. A riassorbire gli incrementi salariali non compensati da un aumento della produttività ci pensava una Baca d’Italia sempre pronta, per amor di Patria, a provocare inflazione, gonfiando la massa monetaria circolante con l’acquisto a piene mani di titoli di Stato. Oggi quello scenario sembra solo un brutto incubo. Sindacati e padroni si uniscono contro il governo! Vogliono la TAV, vogliono la riapertura dei cantieri, rifiutano il keynesismo ciabattone del “reddito di cittadinanza” e abbracciano quello più nobile degli investimenti pubblici e privati. Se Salvini non riuscirà a sbloccare i cantieri e a venire incontro alle richieste del mondo produttivo, si troverà di fronte anche lui a Gilet jaunes che vengono dalle sue file. Intanto il sedicente Presidente del Consiglio, mentre davanti a un semideserto Parlamento Europeo cerca di perorare la causa della sua sgangherata ciurmaglia governativa, incassa “dignitosamente” – così dice la stampa di regime – le rampogne di chi lo bolla come un burattino nelle mani dei suoi vice. Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Avesse bacchettato i suoi ministri quando facevano a gara a chi le sparava più grosse contro gli esponenti delle istituzioni europee, otterrebbe più rispetto. Adesso riceve pan per focaccia.

E’ inutile scandalizzarsi, proclamare che Guy Verhofstadt con i suoi insulti offende tutti gli italiani, che è stato ordito un complotto fra Popolari, Socalisti e Liberali contro il governo italico, e altre facezie del genere. Verhofstadt ha detto la verità. Se io penso che mio fratello sia un idiota, e lo dico, non mi devo offendere quando anche un altro lo proclama a chiare lettere. Io dico che Conte è un Arlecchino, molti dicono che è una nullità. La maggioranza, secondo i sondaggi, ripone ancora fiducia in lui? Peggio per la maggioranza, sia la maggioranza a offendersi per le parole di Verhofstadt. Sono italiani anche quelli della minoranza. E se si offendono anche loro, per amor di Patria, li offendo anch’io: siete poveri scimuniti, come i figuri che, vostro malgrado, vi comandano. 

Giovanni Tenorio

Libertino

4 pensieri riguardo “Credere ai miracoli?

  • Io sottoscritto, accusato di astio immotivato contro un certo “Ateneo dell Gramigna”, accuso a mia volta di astio immotivato contro il nostro beneamato premier. Non è che per caso c’è un po’ di invidia per la sua fidanzata che – pur non essendo avvenente come sua madre Ewa Aulin (vertici peraltro difficilmente raggiungibili) – è comunque una gran bella donna? Direi che, dell’Italia del tempo che fu, vale almeno le mitiche 640 (peraltro solo catalogate, mai ritratte, potrebbero essere state autentiche cozze… :D).

    • Invidia e gelosia sono sentimenti a me sconosciuti. Ne sono contagiati, invece, tutti quelli che mi calunniano, magari dicendo che sotto sotto sono un culattone, che cerco nelle donne l’immagine della madre, o altre sciocchezzuole del genere. C’è chi è arrivato a dire che, nella famosa notte in cui presi il posto di Don Ottavio nel letto della compiacente Donn’Anna, fui vittima di un’ improvvisa defezione erettile, con mia somma vergogna. Non mi degno di replicare a simili insinuazioni, perché i fatti parlano da sé. Quanto alle mie 640 conquiste amorose sul suolo italico, oggi non avrei difficoltà a pubblicarne le foto su Facebook; anzi potrei pubblicare integralmente il mio catalogo. Non lo faccio perché ho rispetto di quella che oggi si chiama barbaramente “privacy”, ma io continuo a chiamare, in buona lingua (a proposito di Crusca) “riservatezza”. Leporello sbandierò il mio catalogo davanti a Donna Elvira, le spifferò i numeri delle mie conquiste amorose, ma si guardò bene dal rivelargliene nomi e cognomi, e dal mostrargliene le immagini. L’avesse fatto, l’avrei licenziato sui due piedi. Su certi principi non transigo. Devo riconoscere a Conte di aver protetto con molta signorilità dalle insane curiosità della plebe il suo rapporto con Olivia Paladino, che a quanto pare è trapelato grazie all’invadenza d’uno dei soliti odiosi “paparazzi”. Quanto detto non ha nulla che fare con il Conte Presidente del Consiglio, personaggio pubblico tutt’altro che signorile (a cominciare da quella giacca sempre aperta, con il fazzoletto nel taschino, da vero villano rincivilito).

    • Ma fossero solo giacche e pochette…
      Nella controreplica di Conte a Verhofstadt, ecco che il “villan rifatto” se la va a cercare per ben due volte usando il problematico (per i sudisti) verbo “intepretare”: la prima al presente indicativo e la seconda all’infinito. Non si capiscono bene le pronuncie (e meno male, meglio così…) ma sembrerebbe una sorta di “merge” che tende ad un nuovo conio: inter-PRE-TRA-re. Mah…

      0:10 – 0:25 youtube.com/watch?v=Pq2iPXXDi24

  • Dino Sgura

    Verhofstadt ha fatto un bellissimo discorso, in italiano per di più. Un domani nei documentari sul nostro sprofondare verso il baratro, verrà rivalutato e di molto.

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