Don GiovanniPillole libertine

Reato di sessismo

Cari amici, vogliamo scommettere che fra non molto verrà introdotta una nuova fattispecie di reato, alla faccia di chi continua a cianciare di depenalizzazione? Un nuovo reato d’opinione, quello di sessismo, quasi non ce ne fossero già a sufficienza, come l’apologia del Fascismo, il negazionismo, il vilipendio alla bandiera o al Capo dello Stato, l’istigazione a disobbedire alle leggi, e via di questo passo. Avete visto che clamori per un titolo di giornale? “Patata bollente” è stato intitolato un articolo di Vittorio Feltri su “Libero” che tratta delle recenti vicende della Giunta Capitolina in cui è immersa fino al collo la sindaca (sindachessa?) Virginia Raggi. Condanne all’aggressione sessista da tutte le parti, sinistra destra cento centro-destra centro-sinistra. Non s’è mai visto nulla di più democratico, tutto il popolo insorge. Lo stesso Feltri appare un po’ sulle difensive: alle richieste di scuse, prima si giustifica dicendo di aver usato la medesima locuzione allusiva per la faccenda di Berlusconi e Ruby, poi precisa di non aver detto né di non volersi né di volersi scusare. Eppure c’è bisogno di un niente per far cadere tutta l’accusa: nello stesso titolo per Berlusconi e Ruby si diceva che il Cavaliere rischiava grosso. Ora, non venitemi a dire che questo aggettivo, grosso, non allude a un attributo genitale maschile nel pieno della fregola erotica, allo stesso modo in cui la patata è metafora vaginale. E allora? Par condicio! Se si scherza allo stesso modo sul maschietto e sulla femminuccia, cade ogni sospetto di sessismo. Il discorso si sposta sul problema della volgarità verbale. Ma anche questo è un problema di lana caprina.
Non esistono parolacce. Esistono parole usate a proposito e parole usate a sproposito. Dipende dalle persone con cui si parla, dal contesto ,dal luogo. Una bestemmia in chiesa è fuori posto allo stesso modo di un Pater noster mentre si trinca all’osteria. Quando Dante nell’Inferno descrive la grottesca armata del diavolo Barbariccia, ci dice che il suo capo, come segnale militare, “avea del cul fatto trombetta”. Ambiente volgare, parole volgari: ci stanno benissimo. Però lo stesso culo usato a mo’ di trombetta sarebbe un’orribile stonatura in Paradiso, nell’Inno alla Vergine di San Bernardo. In chiesa coi santi, e in taverna coi ghiottoni:è lo stesso Dante a dircelo. Il mio papà Mozart, complice il suo amico e mio secondo papà Da Ponte, è volgare quando fa dire a Zerlina, rivolgendosi a Masetto “Vedrai carino/se sei buonino/quale rimedio ti voglio dar”, e via di questo passo, con allusioni sessuali sempre più marcate, che la musica maliziosamente asseconda? Qual è il rimedio che una donna può dare a un uomo? Quello che, a detta di Leopardi, nessuna donna romana dei suoi tempi (oggi non saprei dire) si rifiutava di concedere. Alla fine si scopre che Zerlina a Masetto vuol dare il cuore: “Sentilo battere, sentilo battere…” Furbissima la nostra Zerlina! A un contadinotto rozzo come Masetto, per il momento niente fica, semmai dopo il matrimonio come debito coniugale, secondo il precetto paolino fatto proprio da Santa Romana Chiesa; a me, invece, l’avrebbe data senza indugio, subito dopo il mio Là ci darem la mano. Aveva capito subito che la mano alludeva a qualche altra cosa. Un uomo e una donna che si appartano in un casinetto per darsi la mano? Andiamo,neppure la più stolta zitellona lo può credere. Per dirsi di sì? Sì a che cosa? Ma è chiaro come il sole! Poi i miei detrattori hanno inventato la storia del mio tentato stupro durante la festa nella mia villa. Balle! Ci stava, e come, la Zerlinetta gentile! Poi è arrivato il solito Masetto, con quella lagna di Donn’Anna, quell’imbecille di Don Ottavio e quella ficcanaso di Donna Elvira a rompermi le uova nel paniere. I miei due papà sapevano benissimo come stavano le cose, ma se non volevano finire sotto censura dovevano adeguarsi alla fanfaluca, inventata dai Gesuiti, di Don Giovanni delinquente trascinato all’Inferno per la sua vita immonda. “Come sarebbe bello il mondo se non ci fossero tanti Gesuiti!” dice più o meno così, ridendo, il Principe di Salina a padre Pirrone nel “Gattopardo”. Che cosa direbbe oggi che un Gesuita è finito sul soglio di Pietro?
Cari amici, l’Inferno lo costruiamo noi qui con i nostri bigottismi, dal sessismo all’omofobia alla pretesa di rendere più educata la gente a suon di divieti sanciti dal Codice Penale. La maleducazione – che consiste, lo ripeto, nel dire e nel fare qualcosa in un momento indebito – è riprovevole, ma non può diventare un’infrazione da sanzionare amministrativamente o un reato da punire penalmente. Sono il primo a dire che stiamo scivolando nell’inciviltà e nel cattivo gusto, perché non sappiamo più discernere il come, il dove, il quando, il quanto. Uno degli scrittori che oggi vanno per la maggiore, Nicola Ammanniti, infarcisce di parolacce i suoi romanzi. Non scandalizza nessuno, annoia soltanto, le sue parolacce sono tali perché diventano troppe, e ben presto stuccano. Non si può cominciare un romanzo con l’esclamazione “Svegliati,cazzo!”, che in quel momento può anche starci bene, scuotendo il lettore come un pugno in pancia, e poi continuare per pagine e pagine con la stessa solfa. Uno stillicidio! Perfino il Rosario dopo le prime Ave Marie diventa stucchevole, anche se le parole sono sante, specialmente se recitate, come un tempo, in latino. Gesù l’aveva già capito: “Quando pregate, non continuate a blaterare”.
Permettetemi di concludere richiamando alla memoria un episodio di poco più d’un anno fa, su cui mi sono a lungo soffermato. Ricordate quando la Boschi affermò di essere bionda, ma non scema? Più sessismo di così! E da parte di un donna! Le bionde sono sceme e i biondi no? Ma allora nessuno fece una piega, né a destra né a sinistra né al centro né al centro-centro né al centro-destra né al centro-sinistra.

Giovanni Tenorio

Libertino