Don Giovanni

Il ritorno dello iettatore bocconiano

Al terzo piatto ha capito che è risotto. Così recita un antico adagio regionale, a indicare che qualcuno l’ha capita, anche se un po’ in ritardo. Meglio tardi che mai, si dice in ogni parte d’Italia per significare più o meno la stessa cosa. Nel nostro caso a mangiar risotto, comprendendo solo dopo tre piatti che cosa diavolo si stesse mettendo in bocca, o se preferite, ad aver la testa così lignea da arrivar a capire solo alla fine del gioco quanto fin da principio era sotto gli occhi di chi non fosse cieco dalla nascita, è l’illustre economista bocconiano che risponde al nome augusto di Mario Monti. Pensavamo di esserci liberati della sua lugubre figura da iettatore – bisognerebbe dargli la patente, come al Rosario Chiarchiaro della novella di Pirandello – dopo il suo truce governo, quello del “cresci Italia”, che ha sprofondato il Bel Paese a un livello di povertà da cui sarà duro rialzarsi. Invece ogni tanto riappare, come un fantasma. Se ti capita di incontrarlo a Milano, alla Scala, per i consueti (e bellissimi) concerti a favore della Croce Rossa ( la moglie è crocerossina, fa parte dell’organizzazione), al solo vederlo ti manda di traverso la musica più divina. Ne capirà qualcosa? Quando nel gran teatro milanese si rappresentò – piuttosto maluccio – all’apertura della stagione  2011-2012 il capolavoro che il mio papà Mozart mi ha dedicato, Monti era nel palco reale come ospite d’onore, in quanto presidente del consiglio. Non batté ciglio per tutto il tempo. Sembrava lui il convitato di pietra. Avrebbero potuto affidare a lui la parte del Commendatore. L’avrei sbudellato con un piacere più intenso di quello che provo negli amplessi amorosi, liberando l’Italia da una grave calamità. Vecchio infatuato!!!

Ma lasciamo perder questi ricordi, è acqua passata. Dicevamo che l’augusto economista ogni tanto ricompare, come uno spettro. E rilascia anche qualche intervista. Parla e scrive bene, non c’è che dire, gli articoli che da giovincello pubblicava come editoriali sul “Corriere della sera” erano limpidi, accessibili a tutti, direi quasi einaudiani. Contenevano anche osservazioni e proposte sensate. Poi il potere gli ha dato alla testa. Divenuto commissario europeo per scelta di Berlusconi, ingaggiò un’epica battaglia contro la Microsoft di Bill Gates, accusata di”abuso di posizione dominante”: la solita solfa, come se fosse peccato mortale esser più bravi degli altri e conquistare ampie fette di mercato. E tutti a dire: ma guarda che bravo, ma guarda che bravo, ha fatto vedere i sorci verdi anche a quel riccone yankee! Crollato il governo Berlusconi, vide arrivare il suo grande momento, accogliendo con piacere la nomina a senatore a vita (per quali meriti? Mistero!) e subito dopo, per volere del presidente Napolitano, prendendo in mani lo redini di un Paese che stava affondando anche per effetto di oscure manovre internazionali (Berlusconi e Tremonti erano diventati indigesti a troppa gente). Ne salvò le finanze e ne puntellò il sistema bancario con tassazioni feroci. Sperava poi che, con qualche pannicello caldo, l’economia reale, ferita a morte, potesse riprendere. Sappiamo com’è finita. Siamo ancora qui ad aspettare il miracolo di San Gennaro, grazie alle elemosine di Renzi che dovevano dare un forte impulso alla domanda aggregata. Ma Monti era così sicuro di esser diventato un Padre della Patria degno di tanta reverenza in vista che più non dee a padre alcun figliuolo, che decise di fondare un nuovo partito, come se non ce ne fossero già di troppo, naturalmente un partito di ispirazione liberale, vedendolo fallire miseramente alla prima prova delle urne, bocciato da un elettorato che invece di riverirlo l’avrebbe volentieri preso a pernacchie. Fu allora che molti sperarono uscisse definitivamente dalla circolazione.
L’ultima, recentissima sua comparsa è in una lunga intervista sul “Corriere della sera”. E’ lì che dimostra la sua tardità mentale. Che cosa ha capito da buon ultimo? Che il governo Renzi è un governaccio, che la riforma costituzionale è una chiavica, che tutto deve cambiare perché tutto rimanga come prima. Ha capito che il solo scopo di Renzi è quello di rimanere in sella. Prova disgusto per le mance e mancette che il ragazzone sta distribuendo nelle finanziaria per accontentare questo e quello, al fine di racimolare voti a favore della sua riforma nell’imminente referendum. Quindi, implicitamente, arriva a dire che, a  dispetto di quanto Renzi ora s’affanna a dire, smentendo le sue tronfie affermazioni di qualche tempo fa, il referendum è proprio un plebiscito contro il presidente del consiglio e il suo governo, non contro la sola riforma costituzionale che, alla prima lettura camerale (alle altre era assente per motivi istituzionali, sostiene) Monti approvò, pur fra mille perplessità.
Ancora una volta va riconosciuto che Monti parla chiaro e scrive bene. Però devo correggere quel che dicevo prima: limpido sì, einaudiano no. Forse lo era una volta, forse era anche allora una mia falsa impressione. Oggi il pur limpido linguaggio di Monti mi sembra d’un gelo glaciale, come il suo incedere, come la sua faccia, come la sua trista figura che si intravedeva tra le cortine del palco reale in quella famosa serata scaligera. Lo stile di Einaudi era preciso, stringato, tutto cose, talora tagliente, molto spesso appassionato. Dietro l’austero professore si scorgeva sempre l’uomo, con un cuore grande. Monti ha un cuore di ghiaccio. Tutto ragione – ragione lenta, si intende. Ci si chiede se un’anima ce l’abbia, se per caso non sia un uomo fatto di legno. Che dico? Pinocchio era di legno, ma un’anima l’aveva, e sapeva commuoversi. Direi, allora, uomo di ferro. Vi ricordate quando  davanti alle telecamere presentò il programma del suo governo?  A un certo punto Elsa Fornero, ministra del lavoro e delle politiche sociali, preannunciando alcune misure che potevano sembrare troppo dure per i ceti più deboli, si mise a singhiozzare. Monti non solo rimase impassibile, ma addirittura lasciò trapelare qualche fastidio: non lo disse esplicitamente, ma lasciò capire che per piangere c’era tempo dopo.
Sarà un altro bel colpo per Renzi l’intervista di Monti. Probabilmente dall’uomo di pietra si aspettava un bel sì, un sì alla riforma, naturalmente. Invece sarà un no, e non solo alla riforma, ma proprio al modo di governare. Inutile nasconderselo: il verdetto che uscirà dalle urne il 4 dicembre sarà un giudizio sul ragazzone rottamatore e su tutta la sua corte dei miracoli. Monti, che frequentando l’alta finanza conosce bene gli umori dei cosiddetti “poteri forti”, afferma senz’ombra di dubbio che qualunque sia l’esito della consultazione le conseguenze sul piano internazionale – in particolare su quello economico – saranno minime. Penso dica il vero. Però noto una contraddizione. A suo parere, una bocciatura al referendum non comporterà necessariamente una caduta del governo. Renzi potrebbe continuare a reggere il timone del suo sgangherato barcone; si potrebbe provvedere a qualche rimpasto, tutt’al più si potrebbe costituire un nuovo governo affidato a un altro presidente del consiglio, ma sempre orientato sulla medesima linea politica. E perché mai? Se il voto non è solo contro il Renzi “riformatore”, ma contro il Renzi tutto quanto, il verdetto che lo boccia deve colpirlo come una pistolettata. Si seppellisce, e pace all’anima sua.

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Il ritorno dello iettatore bocconiano

  • Alessandro Colla

    Difficile sapere se Monti capisca qualcosa di cultura musicale. Speriamo che ne capisca di più di qualche ex togato che al motto “resistere, resistere, resistere” si pavoneggiava e forse si pavoneggia ancora ogni sette dicembre. Il suo alter ego Gianfranco Librandi, personaggio più amaro del più noto prodotto della sua città natale, viene sempre invitato in televisione per affermare che Monti avrebbe rimesso i conti a posto: quali conti? Forse quel governo azzerò il deficit e raggiunse il pareggio di bilancio? Un novello Quintino senza… Sella? Certo, i conti personali di qualcuno si saranno salvati. A spese di chi aveva completato il suo quarantennio contributivo e si è visto negare quanto dovuto dopo aver abbandonato il lavoro. Ecco il vero volto dello stato “sociale” o dello stato in genere! Nessuna assicurazione privata si è mai permessa di non onorare un contratto previdenziale. Anche perché finirebbe in tribunale. Monti, Fornero, Librandi, Camusso e altra compagnia cialtronando, quando finiranno a Norimberga prima e a piazzale Loreto poi?

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