Don Giovanni

Benedetto diavoletto

Scrivendo all’amico Voltaire dopo la conclusione della Guerra dei Sette Anni – in cui aveva rischiato di fare una brutta fine, e invece ne uscì vincitore o quasi – il re di Prussia Federico II il Grande ebbe l’umiltà di riconoscere che l’inatteso successo, capitatogli quando ormai aveva perso ogni speranza, era dovuto a”Sua Maestà il Caso, che fa i tre quarti del lavoro in questo miserabile universo”. Proprio così: la morte della zarina Elisabetta, sua acerrima nemica, e l’ascesa al trono prima di Pietro III e poi di Caterina II cambiò il gioco delle forze in campo. La Russia, schierata in precedenza con l’Impero e con la Francia, passò dalla parte della Prussia, consentendo a Federico II di aver ragione dei propri avversari, prima fra tutti l’Austria imperiale di Maria Teresa. Fu un bene? Forse no, considerando che dal militarismo prussiano sarebbe derivato il carattere bellicoso della Germania moderna, che avrebbe acceso la miccia delle due Guerre Mondiali.

Fin qui la Tragedia, con le sue tinte fosche e i suoi Eroi. Ma, per nostra fortuna, la Storia qualche volta veste anche i panni della Commedia con i suoi ominicchi. Pensate a Renzi e al suo sgangherato governo. Stava finendo proprio male: noi stessi abbiamo detto che aveva un piede nella fossa; a un certo punto abbiamo precisato che li aveva tutt’e due. Adesso arriverei a dire che (se fosse possibile) nella fossa ne ha addirittura tre. Seguitemi e ditemi che cosa ne pensate. Facciamo, per cominciare, qualche passo indietro.
La ripresa economica in Italia arranca, sembra inclinare alla morte ancor prima d’essere nata. La Brexit dà l’impressione di volerle dare il colpo di grazia. L’astio contro il governo monta da più parti, anche dall’interno del partito  che ha espresso il presidente del Consiglio. Si profila una clamorosa sconfitta al referendum in cui si sarà chiamati ad approvare o respingere la riforma del Senato. Renzi, come già aveva fatto Cameron a proposito del referendum inglese sulla permanenza o no del Regno unito nell’Unione Europea, ebbe a suo tempo – quando  il vento spirava in poppa – la dabbenaggine di legare a doppio filo la sopravvivenza del proprio governo all’esito della consultazione popolare. Adesso la vede grigia. Cerca di cambiare le carte in tavola, dice che un conto è il referendum, un conto il governo, si arrabatta promettendo mance e mancette, sul modello dei famigerati 80 euro, promette detassazioni e provvidenze varie per questi e per quelli, senza mai specificare dove andrà a prendere i soldi, accetta di rivedere la legge elettorale, sperando che in cambio i suoi oppositori interni ed esterni rinuncino al tentativo di bocciargli la riforma del Senato promuovendo una valanga di NO. Ma è l’annaspare di chi sta annegando: accelera la catastrofe.
A questo punto interviene il Caso. O la Divinità, se volete. Nella tragedia antica si chiamava Deus ex machina, un dio che scendeva sulla scena calato da una specie di gru, a risolvere situazioni altrimenti inestricabili. Ma qui siamo in una Commedia, anzi in una Farsa. Che però ha le sue tinte luttuose. Arriva il terremoto nel Centro Italia. Dolore sincero di tutti. Anche dei politici, lo dico senza ironia. Il compiacimento, inconfessabile e inconfessato, arriva dopo, per Renzi e compagni. Le immediate operazioni di emergenza e i prossimi, irrinunciabili interventi per il ripristino e la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare distrutto, nonché le provvidenze per chi è rimasto senza tetto e senza risorse sono un’ottima occasione per rivendicare, di fronte alle competenti autorità della UE, e a quegli sparagnini di tedeschi, Schäuble prima di tutti (la Merkel è un po’ più morbida, sembra) il diritto di allargare i cordoni della borsa aumentando il deficit di bilancio e, di conseguenza, l’ammontare del debito. Così la gente dirà:”Ma bravo Renzi, ben fatto! Pesta i pugni sul tavolo! La Spagna ha sforato il limite del deficit e l’Europa ha inghiottito. La Germania ha un vistoso surplus nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti, si guarda bene dal consumare e investire di più per trascinare i Paesi che ancora arrancano, e nessuno batte ciglio. Anche l’Italia si svegli: con una bella politica keynesiana la ripresa prenderà il volo”. Non tutti i mali vengono per nuocere. Anche il terremoto può essere una benedizione.
Non è finita. Gli dei ex machina sono due. Troppa grazia, Sant’Antonio! Che cosa si muove ancora? Un altro terremoto, questa volta metaforico, quello che investe il già non poco disastrato comune di Roma. L’arrivo alla poltrona di sindaco della grillina Virginia Raggi sembrava uno smacco per Renzi e una speranza di rinascita per la Città Eterna, ma nel giro di pochi giorni il palloncino gonfiato esplode. I grillini sono bravissimi a criticare, ma quando seggono sulla poltrona del comando sembrano peggio degli altri.  Tra calunnie, pettegolezzi, veleni, polemiche, ripicche, dimissioni a catena Roma è, più di prima e peggio di prima, “nave sanza nocchiero in gran tempesta”. Come finirà? Male, sicuramente. E a questo punto Renzi e compagni si fregano ancora le mani. I grillini erano un affar serio: con la crisi del centro-destra e lo sbriciolamento della sinistra-sinistra, rischiavano di diventare la vera alternativa al PD; e proprio grazie al meccanismo escogitato furbescamente nella legge elettorale dal duo Renzi-Boschi per fare del PD il “partito della nazione” potevano arrivare tranquillamente al governo, pur rappresentando una quota dell’elettorato ben al di sotto della maggioranza assoluta: alla faccia di quel Rousseau di cui si riempiono la bocca. Ma se falliscono a Roma (si spera, ma non si dice), la gente esclamerà: “Bell’alternativa! Se al governo nazionale arrivano questi figuri, stiamo freschi! Teniamoci buono Renzi, che almeno qualcosina ha fatto. Forse la sua riforma del Senato non è poi così male, ci farà risparmiare un po’ di soldini e semplificherà le procedure legislative. Sperimentiamo anche la legge elettorale, e vediamo di servircene per mantenerlo in sella”.
Plaudite, plaudite. Così concludeva Plauto le sue commedie. E anche gli attori della Commedia dell’Arte invitavano il pubblico, con parole non troppo diverse, a gratificarli con la tradizionale manifestazione di consenso che di solito si elargisce agli artefici di allestimenti scenici (oggi che il rito cattolico è diventato la caricatura di se stesso, si fa anche in chiesa, fra schitarrate e strette di mano). Ma qui la commedia continua. Solo che e per Renzi e compagnia rischia di mutarsi in tragedia.
Sì, perché la stupidità umana non ha limiti. Vi ricordate che cosa successe quando Obama invitò il popolo inglese a votare contro la Brexit? Credette di fare un favore al suo amico Cameron, credette di agire anche a vantaggio dell’America che -a parere di molti- avrebbe avuto tutto da perdere (non ho mai capito perché) in seguito all’uscita del Regno Unito dall’Europa dei burocrati di Bruxelles. Il risultato di quella perorazione è stato invece una bella frittata. Obama, anziché convincere i dubbiosi a respingere la Brexit, probabilmente li ha irritati, toccandoli nell’amor proprio (pochi sono altezzosi come gli inglesi: se parli male la loro lingua fingono di non capirti). Chi era in dubbio, ha optato per il SI’. Ora Obama si lecca la ferita, e Cameron si sta ritirando a vita privata. Al governo è arrivata una donna che sembra intelligente, oltre che fascinosa, a dispetto dell’età: Theresa May. L’economia per ora va bene, anche se la sterlina si è deprezzata (o proprio perché si è deprezzata?) I profeti di sventura per ora sono stati sonoramente smentiti. Il che non significa che la Brexit in sé sia un bene. Io non lo credo. Ma questo è un altro discorso.
La disavventura di cui sono stati bersaglio Obama e Cameron sembra non aver insegnato nulla all’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma. O meglio: sembra non aver insegnato nulla allo stesso Obama, poiché non è credibile che un ambasciatore possa prendere certe posizioni, destinate a suscitare polemiche, senza l’avallo o addirittura il suggerimento del governo di cui è rappresentante. Ma che ha fatto di tanto insensato mister Phillips? Ha detto pubblicamente che il popolo italiano farà bene a sostenere,con il suo voto in occasione del referendum, la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, se vuole che l’Italia prosperi, si avvii sulla strada di una robusta ripresa, veda la disoccupazione ridursi drasticamente. Istituzioni solide e governi stabili garantiscono sicurezza; dove c’è sicurezza arrivano gli investimenti esteri. Le imprese degli Stati Uniti sono pronte a investire, se la sicurezza è garantita. Scapperanno, se respireranno aria di governi fragili, istituzioni traballanti e scarsa tutela della legalità.
Una bella risposta gliel’ha data Bersani: “Ma come si permette? Con chi crede di parlare?” E’ quello che molti avranno pensato per conto proprio. Il signor ambasciatore si faccia i fatti suoi! Pensi alle grane d’America, ne hanno tante anche loro. Se arriva al potere Trump ne vedremo delle belle. E anche la Hillary Clinton fa storcere il naso. E la befana che regge le sorti della FED? Una falsaria né più né meno del nostro Draghi (brutta faccia l’una, brutta faccia l’altro). Le parole dell’ambasciatore sembrano ricalcare quella di industriali, banchieri, finanzieri, economisti di chiara fama al Forum Ambrosetti presso l’Hotel Villa d’Este a Cernobbio: quel lussuoso appuntamento annuale di fine estate che si risolve in un inutile parlarsi addosso, in una vetrina delle vanità dove ciascuno sfoggia la sua scienza del Nulla, propone le sue ricette degne del Dottor Dulcamara,  pronuncia le sue profezie più ciarlatanesche dell’Oracolo di Delfi. Seghe mentali, cui nessuno presta attenzione, a dispetto del tempo che ad esse dedicano giornali e TV. Ma se a parlare è un ambasciatore, rivolgendosi a tutto il popolo italiano e non a una platea di compari nel salone d’un albergo superlusso, scatta un meccanismo di rigetto e un desiderio di ripicca, anche se non si è per nulla altezzosi: “Se l’America sostiene Renzi, lo fa per il proprio interesse, gatta ci cova. Pollice verso”.
E pollice verso sarà. Come prima, peggio di prima. A dispetto dei due dei ex machina di cui sopra. Il diavoletto ci ha messo la coda. Benedetto diavolo!!!

Giovanni Tenorio

Libertino

Un pensiero su “Benedetto diavoletto

  • Alessandro Colla

    Ma non è che c’è qualcuno che lo fa apposta? Si finge di essere contro la Brexit proprio per ottenere il risultato contrario, idem per il referendum italiano. Non so quali motivi potrebbero esserci dietro ma ritengo sia un ipotesi da considerare. Credo poco all’idea della sterbiniana inutil precauzione.

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